
Essendo di norma abbastanza ipocondriaca e molto attenta ai contagi il mio stato di allerta, sempre presente, si è solo semplicemente innalzato.
Sono in isolamento con mia figlia e il mio compagno. Lavoro in modalità smart-working. Normalmente il lavoro che svolgo assorbe gran parte delle mie giornate: esco la mattina alle 8 e rientro alle 19. La mia situazione attuale, invece, si può sintetizzare con la parola ‘condivisione’.
La vita in casa mi impone di gestire spazi che normalmente non occupo. Per questo miro a cooperare. Le attività si concordano insieme, si dividono gli spazi in modo da non soffocare: ad ognuno i propri, ma anche a volte gli stessi per tutti. La distanza con gli altri mi ha portato ad identificare in modo chiaro i rapporti più veri, verso i quali le relazioni si sono intensificate, rispetto a quelli di routine, che sento meno di prima.
Relativamente al presente sono preoccupata. Mi informo e cerco di fare la mia parte per evitare il contagio. Sono ipocondriaca, quindi la mia soglia di attenzione verso la malattia era già alta, ma sicuramente ora si è innalzata. Di positivo questo isolamento mi sta restituendo un rapporto più diretto con mia figlia che ora vedo con occhi diversi e vivo con maggiore consapevolezza. Dal canto suo, lei è più sorridente e meno capricciosa. Mi manca la mia famiglia di origine e i miei amici più cari, la spensieratezza di decidere cosa fare nel weekend. Ma so che è solo una questione di tempo. Piuttosto per il futuro sono preoccupata. Penso che questo distanziamento creerà delle difficoltà a relazionarci nel breve periodo. Nello stesso tempo, spero che questo tempo isolati ci renda più consapevoli dei valori e delle priorità della vita